Il judo per restituire una spontaneità rubata

Il judo per restituire una spontaneità rubata

“Dopo il primo lockdown i ragazzi sono tornati tutti sul tatami, con mascherine, igienizzazione di mani e piedi, distanze reciproche che sarebbero la negazione stessa del judo. Sentivo il loro desiderio di ritrovarci e di ritrovarsi. Ma sentivo anche una paura sottile e radicata nel profondo, che li rendeva impeccabili nel rispetto delle regole, ma che impediva loro di essere bambini. Il distanziamento sociale stava rubando loro la spontaneità. Nei mesi successivi abbiamo usato il judo per questo: liberare le reazioni spontanee nei ragazzi”.

Questa è Carla Gallusi: insegnante alla Polisportiva l’Arena (a Montecchio e Sant’Ilario) e cuore del Centro Studi Judo, oggi inserito nell’SDK Reggio Emilia (via Zibordi,14/a lat. di Via Brigata Reggio – Zona Meridiana). Con lei entriamo nel tempio dell’inclusione in provincia di Reggio Emilia: un gruppo sportivo nato dagli insegnamenti del compianto maestro Ermanno Toni, dirigente sportivo illuminato che oggi manca molto, a tutti. Qui abbiamo imparato più di quanto si possa raccontare in un’intervista, abbiamo colto attenzioni e sfumature nel rapporto con i ragazzi, in particolare con quelli in difficoltà, che ci hanno tenuti svegli di notte a riflettere su quanto un gesto o una parola possano fare la differenza in una relazione. Qui non si parla MAI di disabilità, diagnosi o comportamenti problema: qui si parla sempre e solo di persone. Di bambini, di ragazzi, di storie personali, di porte da aprire, di spiragli scovati a tentativi, di talenti nascosti da far sbocciare, di crescita reciproca nel senso del gruppo, di rispetto. E già sappiamo che ci dilungheremo oltre il limite di un’intervista, ma il tempo passato con Carla Gallusi è sempre un grande investimento per lo spirito.

“Servirà del tempo per superare tutto questo” ci dice Carla. “I ragazzi fragili sono quelli che ora subiscono le conseguenze più gravi dall’isolamento, è vero, ma sono anche quelli più abituati a tirare fuori risorse inaspettate”.

Come credi che li ritroverai?  “Desiderosi di riavere indietro i loro punti di riferimento: i loro allenatori abituali, i compagni, le piccole cose che li rendono sicuri. Ma anche bisognosi di essere stimolati a ricominciare a ridere, urlare, farsi gli scherzi, sfogare le emozioni.

Perché non riaprite ora? “La nostra attività è sospesa da ottobre, è una scelta di etica professionale. Appellarsi all’attività agonistica non sarebbe corretto e portare il tatami all’aperto secondo noi non garantisce agli atleti le condizioni di sicurezza che spettano loro di diritto. Le lezioni online normalizzano una distanza fra le persone che non ha nulla di normale. Perciò noi resistiamo e aspettiamo. Quando potremo riaprire con serenità, siamo certi che il judo avrà ancor più di prima il ruolo che gli attribuiva il Maestro Toni, quello anche terapeutico di aiutare gli altri, speculare allo spirito del fondatore del Judo M. Kan: insieme, per migliorare insieme”