Stefania, vivere e trasmettere l’inclusione

Stefania, vivere e trasmettere l’inclusione

La storia sportiva di Stefania non è felice. Stefania nasce con tetraparesi spastica. È una ragazza molto intelligente, è psicologa e lavora come insegnante. Ha sperimentato sulla sua pelle quanto lo sport possa essere emarginante: ora si dedica ad insegnare l’inclusione alle nuove generazioni, e spera di poter essere d’aiuto anche ai genitori.

L’infanzia e lo sport.

Da piccola pratica Judo in una palestra inclusiva, ma le complicazioni della disabilità nello sviluppo fisico la obbligano a smettere. Pratica per un periodo equitazione, senza però essere inserita in un gruppo di coetanei. Infine Stefania tenta con il nuoto, ma vi rinuncia presto perché troppo faticoso e stressante per la sua salute.

Il basket.

La piccola rivoluzione sportiva di Stefania arriva alle scuole medie, grazie ad una insegnante speciale. Grazie a lei, Stefania riesce ad appassionarsi allo sport, ma soprattutto ad amare la sensazione del suo corpo in movimento. Questa insegnante speciale la invita a giocare a basket con i compagni, aggiungendo per lei un canestro più basso: è così che per Stefania inizia l’amore per il basket.

Ma, al di fuori della scuola, il basket in carrozzina non regala le stesse soddisfazioni. Stefania spiega: “La composizione di una squadra di basket in carrozzina non è casuale, dipende dal tipo di disabilità. I ragazzi con le disabilità più importanti vengono fatti giocare pochissimo, soprattutto durante le competizioni ufficiali”. Così ben presto Stefania rinuncia al basket, perché non trova un ruolo nel gruppo: la squadra, pur essendo riservata ai diversamente abili, è comunque guidata da selezioni di tipo agonistico.

Allenare all’inclusione.

A 17 anni Stefania si reca al Centro di Documentazione Handicap di Bologna e conosce Claudio Imprudente e Tristano Redeghieri, uno dei Supertutor di All Inclusive Sport. “Questo incontro mi ha cambiato la vita: frequentare Claudio e Tristano mi ha dato da una parte la consapevolezza dell’importanza del mio corpo, e dall’altra la possibilità di insegnare l’inclusione”.

Stefania inizia così un percorso di formazione specialistica per diventare formatrice: da allora parte del suo lavoro è sensibilizzare bambini e ragazzi delle nuove generazioni ai temi dell’educazione alla diversità di ogni ordine grado. Stando in cerchio con i ragazzi, stimolandoli e ascoltando le loro risposte, fa provare giochi e pratiche sportive inclusive: dimostra che nei fatti lo sport adattato può essere una grande risorsa per tutti in termini di divertimento, performance, creatività. Stefania dice che il grande valore trasmesso in queste ore trascorse insieme ai ragazzi delle scuole è “l’autenticità. I ragazzi assorbono la spontaneità del rapporto sportivo fra me e Tristano, rapporto che non prescinde dalle piccole difficoltà dello stare insieme, esattamente come in qualsiasi rapporto vero fra persone differenti”.

Dal basket al baskin.

Stefania ha provato e fatto provare il baskin, nato come gioco scolastico, non agonistico e non competitivo, con una dimensione flessibile. Eppure oggi è uno sport a tutti gli effetti, giocato da tutti, in tornei sparsi per l’Italia: “Il baskin racchiude tutti i valori dell’integrazione: la persona con disabilità può giocare in base alle sue possibilità esattamente come l’atleta in piedi: ognuno ha un ruolo e tutti sono ugualmente importanti nella squadra”.

Stefania oggi insegna l’inclusione ai bambini e ai ragazzi nelle scuole.

“Mi piacerebbe aiutare anche i genitori dei bambini e ragazzi con disabilità a crescere i loro figli spronandoli a superare le barriere dell’esclusione. Io sono quello che sono grazie ai miei genitori, che sono sempre stati straordinari, che mi hanno sempre spronata a fare esperienze, a diventare autonoma nonostante la disabilità, e chissà quante ansie e quante paure avranno dovuto mandar giù in questi 29 anni, senza farmele pesare. Però oggi io ho un percorso di studi invidiabile, un lavoro, degli amici, sto persino pensando di andare a vivere da sola. Questa non è una fortuna che hanno tutti, non tutti ce la fanno. Mi piacerebbe aiutare tutti i genitori dei bambini e ragazzi con disabilità a farlo. Un percorso inclusivo “da dentro” quindi, che passa però sempre dal confronto reciproco e dal superamento dei pregiudizi, quelli che anche i familiari di un disabile a volte nutrono nei confronti del mondo che li circonda”.

Insieme possiamo cambiare la nostra comunità.

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